Il fenomeno hikikomori - il ritiro dei giovani dal mondo - è uno dei sintomi più drammatici e angoscianti della nostra epoca e la contagiosa questione dell'autoreclusione colpisce un numero sempre maggiore di giovani nelle società avanzate. La situazione sta prendendo la dimensione di una piaga sociale particolarmente incomprensibile, ostinata e diffusa. Credere che il web sia responsabile del ritiro sociale è ingenuo e fuorviante: per i ragazzi che si ritirano dal mondo, la dipendenza da internet si insinua solo dopo il ritiro sociale e non ne è la causa (1). La figura dell'hikikomori, infatti, era già conosciuta in Giappone prima che si diffondessero i computer; e anche oggi, in quel paese, i casi più gravi non utilizzano la rete. In Italia, gli hikikomori sono più connessi e questo ha indotto a credere che ci si isolasse per stare in rete, per potere gestire
le relazioni sociali con più controllo. Il web, al contrario, potrebbe essere l'ultima risorsa, l'estremo tentativo di tenere almeno un filo legato con ciò
che sta fuori.
Come l'Adolescente di Michelangelo, si tratta di giovani ripiegati, che si ritirano dalla vita, che non riescono a diventare individui nel mondo, che evitano gli obblighi sociali e non rispondono neppure alla chiamata dell'amore.
Un lato dell'incomprensibilità del
fenomeno è il suo presentarsi come una sofferenza apparentemente senza un "oggetto" esterno: droga, alcol, cibo sono l'oggetto di alcune patologie giovanili.
Invece qui l'oggetto è è il soggetto stesso, il suo stesso corpo. E' il proprio corpo che viene consunto, murato vivo, reso morto al legame. Vivo e morto, non-vivo, non-morto, questa è l'icona che l'hikikomori condivide con il vampiro e il licantropo, figure delle serie dark più amate dai giovanissimi come The Vampire Diaries, Teen Wolf o il manga Vampire Knight. L'hikikomori ci parla dell'inquietudine di ogni adolescente, recluso o meno, che riguarda la soglia tra la vita e la morte o, per meglio dire, quel flirt con la morte che non si manifesta più nella vivace prova di coraggio di gruppo, ma nella forma di una disanimazione solitaria. Anche quando la scelta del ritiro non è radicale, dobbiamo rilevare un marcato isolamento dei ragazzi, una nuova diffidenza verso l'altro e una certa imperizia nel fare gruppo. Ci sono giovani, non-morti e non-vivi, che si aggirano in casa, murati nell'intimo, apparentemente non desiderosi di relazioni, claudicanti come grandi infanti non ancora nati alla parola.
Da: "Adolescenza zero - Hikikomori, cutters, ADHD e la crescita negata" di Laura Pigozzi, cronache nottetempo, 2019
(1) E' un risultato condiviso tra numerosi studiosi del fenomeno di qualunque formazione e orientamento. Uno tra i più autorevoli ricercatori nel campo è Carla Ricci, che ha studiato la situazione in Giappone ed è autrice di Hikikomori, adolescenti in volontaria reclusione, Franco Angeli, Milano 2008. Carla Ricci è antropologa e svolge attività di ricerca presso il Dipartimento di Psicologia Clinica dell'Università di Tokyo.
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